Dimissione da reparto Covid-19: cosa fare quando si torna a casa?

Il numero dei guariti dal Covid-19 è in continuo aggiornamento; secondo i dati ufficiali al momento in Italia ci sarebbero quasi 96 mila persone guarite dalla malattia, mentre adesso i guariti nel mondo sarebbero oltre 1 milione e 200 mila.

Numeri che fanno sperare ma, superata l’emergenza, rivelano anche la necessità di istituire specifici percorsi ed assistenza specialmente per chi viene dimesso dall’ospedale dopo un lungo ricovero. Alcune strutture stanno iniziando a programmare dei particolari percorsi assistenziali dedicati ai pazienti che hanno contratto l’infezione da nuovo coronavirus SARS-CoV2, con l’obiettivo di monitorare eventuali complicanze a lungo termine della malattia.

Invece nel breve termine, proprio al momento della dimissione, tanti dubbi sorgono sia al paziente che ai familiari su cosa fare al momento del ritorno a casa. La gioia per la guarigione è talvolta velata di preoccupazioni e perplessità, anche per la gestione del quotidiano. 

“Guarito” e “clinicamente guarito”: in due parole tante differenze e conseguenze

Secondo la definizione del Ministero della Salute si definisce guarito quel soggetto che risulta negativo al tampone nasofaringeo per la ricerca del virus SARS-CoV2 in due tamponi eseguiti a distanza di 24 ore. Sono possibili delle differenze fra regioni; ad esempio nelle indicazioni pubblicate dalla Regione Umbria sono aggiunti altre due criteri ovvero l’assenza di febbre e di insufficienza respiratoria, quest’ultima definita con specifici parametri. Chi ha questi requisiti può rientrare a casa così come uscire dall’abitazione e riprendere le sue abituali attività; in gergo tecnico si dice che “può rientrare in comunità”.  

Diverso è invece il caso di chi è clinicamente guarito, secondo la definizione pubblicata dal Ministero della Salute si tratta di soggetti che non hanno più sintomi della malattia ma che possono ancora risultare positivi al tampone faringeo per la ricerca del virus. Di conseguenza vengono inclusi in questa categoria anche coloro che semplicemente non sono stati sottoposti a nuovo tampone di controllo al momento della dimissione ospedaliera. I controlli mediante tampone nasofaringeo vengono solitamente eseguiti dopo circa 15 – 30 giorni dalla dimissione.  

La gestione del paziente clinicamente guarito

Il paziente clinicamente guarito viene considerato ancora possibile veicolo di infezione, e pertanto viene praticata una dimissione “protetta” con la prosecuzione dell’isolamento. Se possibile questo può avvenire a casa, oppure presso le strutture individuate dalle istituzioni, come ad esempio quegli alberghi organizzati per tale scopo.

Per l’assistenza a casa del paziente clinicamente guarito in isolamento domiciliare è bene seguire le raccomandazioni diffuse dal Ministero della Salute. Da un’analisi delle raccomandazioni del Ministero della Salute, della letteratura scientifica e, secondo buon senso, si raccomanda: 

1) di mantenere l’isolamento facendo alloggiare il paziente in una stanza separata, e preferibilmente con a disposizione un bagno ad uso esclusivo

2) chi presta assistenza al paziente non deve avere delle malattie che possano mettere a rischio la salute in caso di contagio; in caso di dubbi consultare sempre il proprio medico

3) durante l’assistenza al paziente, e se si entra nella sua stanza, indossare sempre la mascherina chirurgica o meglio, se disponibile, una maschera filtrante. 

4) se si maneggiano oggetti personali del paziente utilizzare sempre i guanti monouso e provvedere in ogni caso ad una adeguata igiene delle mani anche con l’ausilio di soluzioni idroalcoliche.

5) la pulizia e l’igiene di superfici ed oggetti personali deve avvenire utilizzando i comuni disinfettanti domestici. Viene suggerito l’impiego di prodotti a base di cloro alla concentrazione di 0,5% di cloro attivo oppure con alcol 70%, indossando sempre i guanti e gli indumenti protettivi durante la pulizia. 

6) lavare vestiti, lenzuola, asciugamani del paziente preferibilmente in lavatrice a 60-90°C usando il normale detersivo. Non dimenticare di utilizzare la mascherina chirurgica quando si cambiano le lenzuola del letto del paziente o in generale si maneggiano i suoi vestiti.

Cosa fare con gli effetti personali del paziente

Anche per la gestione degli effetti personali che il paziente teneva con sé durante il ricovero ospedaliero si possono seguire le norme diffuse dal Ministero della Salute per la gestione dell’isolamento domiciliare.

Ovvero i vestiti possono essere lavati preferibilmente in lavatrice a 60-90°C, mentre gli oggetti di uso quotidiano andrebbero opportunamente disinfettati. Di solito gli ospedali consegnano gli effetti personali chiusi dentro una busta, e viene suggerito di riaprirla a distanza di circa 10 giorni. Questo perché secondo una revisione della letteratura scientifica il coronavirus rimane potenzialmente infettivo sulle superfici al massimo per 9 giorni in assenza di disinfezione (Kampf, 2020). I dati sono diversi in base ai materiali in esame, il virus resiste meno sui metalli (circa 3 giorni), il tempo aumenta invece per legno, vetro e carta (circa 5 giorni) ed è ancor maggiore la resistenza sulla plastica (fino a 9 giorni). La disinfezione è comunque in grado di inattivare il virus; fra i disinfettanti di uso comune risultano particolarmente efficaci i disinfettanti a base alcolica (alcol 70%) oppure con concentrazione di 0,5% di cloro attivo. E’ comunque sempre consigliabile di maneggiare gli effetti personali del paziente con adeguati dispositivi di protezione come guanti e mascherina.

L’ Hotel Michelangelo di Milano dedicato, per l’emergenza coronavirus, all’isolamento dei pazienti clinicamente guariti dal Covid-19. Foto FP.

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Autore dell'articolo: Fabio Pirracchio