Festa di Sant’Agata: tripudio di suoni, colori ed emozioni

Sant’Agata: la terza festa religiosa più importante al mondo si celebra nel mese di febbraio a Catania, in Sicilia. All’ombra del vulcano Etna, che sovrasta la città, proprio questa mattina si sono conclusi i festeggiamenti con la riposizione delle preziose reliquie in Cattedrale. Fede e devozione ma anche curiosità e folclore richiamano per le celebrazioni quasi un milione di persone a seconda delle diverse stime. La giovane catanese Agata, vissuta nel III secolo all’epoca delle persecuzioni cristiane, subì il martirio per non voler cedere alle lusinghe del protoconsole romano Quinziano a causa della sua fede. Da allora Sant’Agata è riconosciuta come protettrice della città dalle ire del vulcano Etna e diversi miracoli sono attribuiti alla sua intercessione. Invece le origini dei festeggiamenti, così come li conosciamo oggi, risalgono al XIV secolo tanto che un vero e proprio regolamento delle varie funzioni risale all’anno 1522. Secoli di storia e tradizioni che non hanno per nulla tolto smalto alla festa di Sant’Agata, che ogni anno non manca di stupire ed emozionare quanti assistono ai diversi momenti salienti, dai fuochi d’artificio della sera del 3 febbraio, alle due lunghe processioni del 4 e del 5 febbraio. Suoni, colori ed emozioni da vivere e raccontare.

Mille sfumature di tradizione e devozione

Dopo l’uscita delle reliquie dalla Cattedrale, come avviene in occasione delle due processioni del 4 e 5 febbraio, ci si accorge con un solo sguardo dell’ordinato miscuglio di colori che contraddistinguono la festa. Innanzitutto risalta il bianco della veste degli innumerevoli devoti; molti di loro trainano il fercolo per la città e così due lunghe file bianche si proiettano a precedere il cammino di Sant’Agata per le antiche strade barocche. Secondo la tradizione la veste bianca, detta “u saccu” in dialetto, sarebbe l’abito che i catanesi indossavano la notte del 17 agosto 1126 quando furono improvvisamente svegliati all’annuncio che le reliquie erano appena state riportate in città da Costantinopoli, dove vi erano rimaste per diversi anni. Ed ancora stupisce il luccicare dell’argento del fercolo, del busto reliquiario e dello scrigno, tutti risalenti all’opera di maestri orafi fra il XIV ed i XVI secolo. Ed il luccichio viene esaltato dalla luce delle torce o candele giallo ocra intenso, che vengono offerte ed accese sul fercolo oppure portate per la città ad illuminare il percorso della processione. Ulteriori dettagli dei colori tipici della festa di Sant’Agata ce li rivela la signora Sonia, del negozio Armonie Floreali situato nella centralissima via Etnea, che ci spiega come “il primo giorno, cioè il 4 febbraio, si donano fiori rosa perché rappresentano il martirio; mentre il secondo giorno ovvero il 5 febbraio si portano fiori bianchi”.

Canti e suoni accendono i cuori e la festa

Devoti con la veste bianca ed i ceri accesi riuniti a cantare in via Caronda. Foto FP.

Certamente non mancano durante le celebrazioni in Cattedrale musiche tradizionali accompagnate dalle possenti note dell’organo. Tuttavia il richiamo della cittadinanza si esprime energico al grido “Cittadini, cittadini! Evviva Sant’Agata!”. Infatti al solo pronunciare “Cittadini, cittadini!” di un devoto in processione, tutti gli altri rispondono in coro “Evviva Sant’Agata!” coinvolgendo insieme la folla. Domandandoci il perché di tutto questo ci risponde uno dei devoti, il signor Fabrizio, che ci dice come questo grido “esprime amore, affetto, si vuole esprimere qualsiasi emozione. Perché Sant’Agata per noi è una mamma, una sorella, una figlia, è tutto. Eppure non la vedi mai, la vedi una sola volta l’anno. E quel giorno, con tutta la voce, le devi dire che la ami!”. Allora chiediamo ancora del significato di un altro suono, quello di una piccola campanella che stavolta origina proprio dal fercolo in processione. Il signor Fabrizio continua a spiegare come questa campanella “serve a dare il via alla processione, a segnalare partenza e soste”. Dunque un altro suono che si aggiunge ai rumori gioiosi della festa.

Le emozioni sempre nuove di usanze antiche

Lo stupore diventa fascino mentre si osservano diversi devoti precedere la processione con in spalla grossi ceri accesi. Secondo fonti storiche si tratta di una usanza risalente al 1450, denominata “offerta della cera”, molto sentita ancora oggi in città. Lungo la centralissima via Caronda, mentre si sta svolgendo la processione della notte del 5 febbraio, troviamo i signori Gioacchino e Paolo mentre si dedicano al loro cero di 100 chili. Gli chiediamo quale sia il motivo che spinga a fare tutto questo; fa da portavoce Gioacchino il quale dice che il motivo è “la fede prima di tutto. Lo portiamo insieme così la fede ci dà più forza. Abbiamo iniziato oggi alle cinque del pomeriggio e restiamo fino a quando ce la facciamo, alla fine accompagniamo Sant’Agata in chiesa”. Continua spiegando che “facciamo tutto questo da almeno 25 anni” mentre aggiunge Paolo come “negli ultimi cinque anni aumentiamo ogni volta il peso di altri 10 chili”. Chiediamo quali siano allora le emozioni nuove di ogni anno, e così ci dicono che “le emozioni sono giornaliere, non sono annuali. Qualsiasi cosa succeda durante l’anno la trasformiamo in un dono a Sant’Agata; per noi dunque giorno 5 febbraio è solo la cera!”.  Ma quale è allora l’emozione più forte di questi anni grazie a questo dono? Ci risponde Gioacchino con un sorriso “l’emozione più forte di questi anni è vedere Sant’Agata, guardarla negli occhi… lei ti sorride e ti dice tutto!”.

I devoti Paolo e Gioacchino ed il loro cero di 100 chili. Foto FP.

Autore dell'articolo: Fabio Pirracchio